1 La pratica
1.1 Struttura e fasi del progetto
La rivista nacque nel 1991 per provare che c'è dell'arte in Africa. Tra il 1991 e il 2001 pubblicò 34 numeri; dal 2001 “Revue Noire” continuò le sue attività come casa editrice e come rivista on-line, ma interruppe la pubblicazione cartacea del trimestrale.
1.2 Sede e contesto
"Revue Noire" aveva sede a Parigi ma realizzava le sue ricerche nei vari paesi e nelle varie città oggetto dei suoi numeri. Credevamo che il contesto fosse cambiato, ma in realtà non era poi tanto cambiato. Abbiamo speso molte energie per 10 anni, per poi accorgerci che i cliché sull'Africa sono ancora gli stessi, ci sono ancora in giro le stesse idee bizzarre e gli stessi stereotipi. Senza contare che svolgevamo il nostro lavoro sempre al limite della sopravvivenza.
All'inizio i destinatari erano il pubblico europeo e occidentale. La maggior parte dei lettori era dell'America del Nord, dell'Europa e del Giappone. In Africa il nostro pubblico erano le persone di cultura e gli intellettuali. Erano i nostri lettori più puntuali e attivi: medici, architetti, liberi professionisti che si abbonavano e che inviavano commenti e critiche.
“Revue Noire” aveva una tiratura di circa 6.000 esemplari. Si vendevano circa 4.000 esemplari, ma ci sono numeri che sono stati dei successi e altri meno. In generale i numeri tematici vendevano bene. Il numero sulla moda in Africa ha avuto un grandissimo successo con 10.000 esemplari venduti subito. Anche il numero sulla danza ha avuto molto successo e anche quello sul Mali. Ma non saprei dire perché il numero sul Mali ebbe un tale successo. In Occidente c'è una distribuzione professionale e avevamo più distributori, uno per ogni area geografica. La distribuzione in Africa è un disastro. All'inizio mandavi generosamente ma non ricevevi nessun pagamento. Così abbiamo iniziato a fare degli accordi personali con i librai. Si andava di persone e si cercava di creare un contatto umano, individuale, una relazione di fiducia. Avevamo librai a Dakar, Abidjan, Cape Town, Johannesburg, Gibuti, Addis Abeba, Cotonou. Il prezzo in Africa era prezzo amico, 40% in meno rispetto al prezzo europeo. In pratica era il costo della stampa. Il trasporto era finanziato dal ministero della cooperazione: il ministero ha degli accordi con le librerie e le edizioni francesi in modo che i testi possano essere esportati più facilmente nei paesi francofoni. Nelle vendite in Africa cercavamo di non perderci, ma non ci guadagnavamo niente.
1.3 Metodologia
Fin dall’inizio la rivista si caratterizzò per un’edizione prestigiosa e per monografie e dossier tematici per paese o per argomento, più focalizzati sulla rappresentazione fotografica di una splendida Africa (vivace e artistica) che sull’approfondimento critico. La rivista è comunque ancora oggi un importante strumento per conoscere la situazione artistica di molti paesi, con attenzione a tutte le arti: arti visive (tra le quali anche la fotografia), architettura, danza, teatro, letteratura, moda e cinema. Tra gli speciali: Abidjan, Libreville, Dakar, Kinshasa, Namibia, Camerun, Capo Verde, Sudafrica, Marocco, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Togo, Ghana, Benin, Djibuti, Etiopia, Eritrea, Mozambico, Madagascar, Zimbabwe, Angola, i Caraibi, Oceano Indiano, Brasile, Canada, Londra e Parigi africana, cinema, arti dello spettacolo, danza, moda, Africa mediterranea a nera, artisti africani e l’AIDS, città africane e cucina africana e arte. Per ogni numero della rivista avevamo una o due persone che viaggiavano per fare delle ricerche e raccogliere materiale. Spesso facevamo due viaggi di 10 giorni. Si adottava lo stesso metodo per tutti i numeri. Ci sono stati viaggi di ricerca per esempio anche a Londra e in Canada. Il viaggio in Angola era estremamente costoso per cui abbiamo fatto un solo sopralluogo di 3 settimane. Io ho fatto viaggi in Benin, Gibuti, Etiopia, Eritrea e Angola. Prima di partire si contattavano tutti gli artisti e le persone che conoscevamo per chiedere informazioni, indirizzi, riferimenti nel paese. Poi si inviavano fax e si facevano telefonate per organizzare gli appuntamenti. Tutta la ricerca si basava sul network. Negli anni Novanta le informazioni su Internet erano ancora molto poche. Gli articoli sono raramente firmati. Primo Numero: Primavera 1991 – Ultimo Numero 33/34 Giugno-Novembre 1999. Testi in francese e inglese (per alcuni articoli anche in spagnolo).
Quando hanno creato la rivista volevano dare molto spazio alle immagini. Il concept iniziale era di mostrare e di fare una rivista essenzialmente visiva. Il direttore artistico ha voluto un'altissima qualità di stampa. Era quasi dell'arroganza e delle provocazione, come se volessimo dichiarare "non facciamo una rivista povera per un continente povero, ma il contrario". La questione testi-immagini è stata una una questione sempre aperta nella rivista, con discussioni senza fine. “Revue Noire” aveva pochi saggi e in realtà eravamo qualche volta anche un po' delusi dagli scritti che ricevevamo.
La selezione delle opere da pubblicare e degli artisti ha sempre suscitato vivaci discussioni. A volte non eravamo dello stesso parere. Detieni il potere e crei delle situazioni di crisi e delle delusioni. Quando non pubblicavi qualcuno suscitavi sempre reazioni, lettere di insulti, minacce. Ma inevitabilmente avevi il potere perché “Revue Noire” era effettivamente l'unico spazio di visibilità per tantissimi artisti. Su internet c'è posto per tutti, ma su una rivista no. Avevamo trovato la soluzione “panorama”, dove pubblicavamo le opere di tantissimi autori che magari trovavamo meno forti di altri. Certo che se vai in un paese e quello che vedi sono opere modeste non è che te le puoi inventare. A volte nello stesso numero avevamo squilibri qualitativi molto forti. A volte trovi paesi che si concentrano più su alcune discipline che su altre. Ma “Revue Noire” si occupava di arti visive. Alcuni numero sono stati salvati dagli artisti della diaspora. E comunque c'era sempre un'attenzione verso gli artisti che vivono in Europa. A volte erano proprio i primi contatti.
1.4 Autori, collaborazioni, network
"Revue Noire" era un organo di stampa che produceva la rivista, una casa editrice che pubblicava libri una e società di produzione che realizzava documentari, cortometraggi, dischi (alcuni numeri della rivista comprendevano un cd di musica), esposizioni ed eventi. Oggi esiste solo la casa editrice. Si producevano tante cose per il desiderio e la soddisfazione di farle. Autori e collaboratori “Revue Noire”, direttore Jean Loup Pivin, redattore-capo Simon Njami, direttore di redazione Bruno Tilliette, direttore artistico Pascal Martin Saint Léon, Paris. La rivista fu fondata da Jean Loup Pivin, Simon Njami, Bruno Tilliette e Pascal Martin Saint Léon; col tempo fecero parte del comitato di redazione anche Pierre Gaudibert, Jacques Soulillou, André Magnin (soltanto per il primo numero), Francisco d’Almeida, Everlyn Nicodemus, N’Goné Fall (assistente di redazione dal 1994 e poi direttrice di redazione dal 1999), Clementine Deliss, Etienne Féau e Isabelle Boni-Claverie. I collaboratori della rivista cambiarono a seconda del tema e del paese preso in esame; tra questi si possono ricordare Yacouba Konaté e Brahim Alaoui. Dal sesto numero della rivista (1992), i direttori ed i collaboratori dei numeri speciali furono indicati all’inizio dell’indice, in modo che – a seconda dell’argomento trattato – gli incaricati fossero esperti nel settore. Per la realizzazione di questi numeri, la redazione della rivista visitava il paese in esame e svolgeva le ricerche.
Quando hanno cominciato nessuno aveva esperienza nel campo dell'edizione e della stampa. Era un gruppo di persone che, a Parigi, non si sono occupate di fare cultura, ma di creare una rivista. Hanno fatto una rivista visiva – più attenta alle immagini che ai testi – anche perché non erano dei critici d'arte. E hanno fatto tutto con molto rigore ed esigendo la massima qualità. Io sono arrivata in un secondo tempo, ma credo che non avere competenze specifiche ci abbia permesso di non avere preconcetti e di essere aperti e curiosi. Eravamo due architetti, un grafico e uno scrittore e non avevamo un bagaglio accademico specialistico. Ma questo ci ha fatto sentire liberi, senza complessi e forzature. E la rivista si produceva attraverso discussioni e critiche. Per scelta non sono stati associati al progetto gli ex-espatriati che credevano di essere esperti.
La rivista pagava tutti i collaboratori. Si pagavano i testi, i diritti per le immagini, le traduzioni. Sul luogo contattavamo i fotografi locali perché producessero le immagini. I fotografi avevano un contratto: un reportage a forfait oppure singole immagini pagate a esemplare pubblicato. "Revue Noire" riusciva a sopravvivere con il sostengo del Ministero degli Esteri e con le vendite. Il finanziamento arrivava dal Ministero degli Affari Esteri, attraverso i programmi di cooperazione con l'Africa (ci sono dei budget per la cooperazione e la cultura). Ricevevamo il finanziamento attraverso le ambasciate francesi all'estero. Non siamo mai stati finanziati dall'AFAA. Il numero sulla moda è stato finanziato dalla Commissione Europea. Si trattava di un grande progetto che includeva un salone della moda in Costa d'Avorio, un documentario...
La rivista era troppo specializzata per la pubblicità, e poi aveva una tiratura di soltanto 6.000 copie: troppo poco per gli inserzionisti. In realtà ci siamo occupati poco della pubblicità. Non avevamo nessuno che potesse fare anche la parte di commerciale. È capitato che ricevessimo qualche servizio. Per esempio Airfrance ha offerto i biglietti aerei per un anno, grazie soprattutto ad una persona all'interno della società che apprezzava molto la rivista e che ha voluto sostenerla... Le relazioni con la Biennale di Dakar
"Revue Noire" fu molto legata alla Biennale di Dakar. Durante la Biennale di Dakar del 1996, “Revue Noire” organizzò la mostra Les Artistes africains et le Sida, ovvero Gli artisti africani e l’AIDS. Jean Loup Pivin fu membro del Comitato Internazionale di Dakar nel 19963, Simon Njami nel 20004 e N’Goné Fall nel 2002.
2 Commenti e valutazioni
|